martedì 31 gennaio 2012

HAI SENTITO LA SCOSSA?


Io, nella "mia terra", il terremoto non l'avevo mai sentito. O meglio certe mattine era capitato di sentire alla radio che nella notte si erano registrate delle scosse, ma io non me ne ero mai accorta. Poi arrivavo al lavoro e puntualmente c'era qualche collega che millantava di averlo avvertito distintamente. Io mai e per questo sono fortunata. Di quelle fortune alle quali non pensi mai.
Poi martedì notte è successo. Mentre ero sul letto (ovviamente sveglia) a soddisfare lo spuntino di mezzanotte di Junior.
Una scossa veloce e forte che ti fa dire Oddioilterremoto ed è già passata.
Che non ti da il tempo di pensare a cosa fare. Ti lascia solo impalata e fortunatamente se ne va.
Però ti spaventa. Come sognare di cadere ti stai addormentando. Sobbalzi e ti chiedi e se torna. Così anch'io questa volta ho sentito il terremoto.
E non mi dilungo a dire quello che tutti - giustamente - hanno pensato. Fortuna che non ci sono stati danni. Fortuna che non è morto nessuno. Fortuna che sembra finito lì. Però mi sono rimasti dentro due pensieri.
La mattina dopo la prima scossa, mi alzo abbastanza rimbambita dall'ennesima notte con Junior al ritmo di pachanga da essere relativamente dimentica della scossa e del terremoto.
Dopo aver cercato, con penosi risultati, di stimolare la mia attività cerebrale a colpi di Orzoro (che se dovesse arrivare della caffeina a Junior potrebbe non dormire per sei mesi...), chiamo l' ufficio pubblico X per sapere gli orari per ottenere il certificato Y.
La conversazione mi riporta subito alla realtà.
-        Buongiorno, avrei gentilmente bisogno di un'informazione...
-        Signora guardi adesso no. Stiamo evacuando perché è prevista una forte scossa per mezzogiorno. Richiami.
Click.

Resto qualche istante a guardare il display e dopo lunghi minuti realizzo che stava parlando di una scossa di terremoto. Non solo, realizzo anche che stava parlando di previsioni certe per mezzogiorno.
Un po' come chiamare in banca per un'informazione e sentirsi rispondere "Guardi non venga stamattina che aspettiamo una rapina per le 10!"
Progressi della scienza o miracoli del procurato allarme?
Pur temendo la seconda delle due, calatami ormai nel ruolo della madre di famiglia con la stessa disinvoltura con cui mi calo in una orrenda tuta da ginnastica da tre settimane, agguanto un contrariatissimo Junior lo felpo nel suo caldissimo piumino da alpinismo high-tech e decido per una passeggiata "prudenziale" al grido di nonèveromacicredo.
Morale: Città mobilitata. Traffico impazzito. Piazzale dello Stadio gremito come alla finale dei mondiali. Piazze del centro storico con capannelli di gente come una Vigilia di Natale con panettone gratis. Uffici chiusi e scuole (giustamente) evacuate. Mamme e carrozzine per ogni dove.
Ore 13 tutti a casa. Un sospiro di sollievo e una mattina di lavoro diversa.
Pensiero numero 1. Esiste un limite tra la prudenza e il procurato allarme?
Siamo tutti dei polli o abbiamo imparato qualcosa dal recente tragico passato?


Passa qualche giorno e il terremoto (scusate il ritardo direi se fosse il caso di fare dell'umorismo, ma non lo è!) si ripresenta. Di pomeriggio, mentre Junior vocalizza e io vedo il the (deteinato) vibrare nella tazza.
E stavolta capisco subito che è il terremoto. E stavolta siamo soli a casa. Io e un piccoletto ignaro che deve la sua incolumità alla mia prudenza e alla mia prontezza di riflessi. E questo mi fa più paura. Così la scossa passa, ma uno scossone resta dentro. Questa si, l'ho sentita benissimo.
E cosa ti viene in mente di fare dopo che hai sentito la paura?
Quando per la prima volta senti di correre un pericolo vero?
Non il pericolo della fatalità di scivolare dalle scale o prenderti una tegola in testa. Un pericolo che dura qualche minuto e che si registra su una scala.
E' vero...ti viene in mente di scrivere un messaggio d'amore.
Quello che ti sembra di non aver mai scritto e se succedesse davvero qualcosa di brutto potresti rimpiangere. Di scriverlo a parole tue...e aspettare una risposta da decifrare.

MESSAGE TO PAPA'
Qui ancora terremoto...
MESSAGE FROM PAPA'
2012...! Domenica vengo a trovarvi.

Crittografato...

MESSAGE TO PAPA'
Papà ho avuto paura.
MESSAGE FROM PAPA'
Mi mancate.

lunedì 23 gennaio 2012

BABY BLUES: Quando vengono i giorni tristi


Questo ad esempio non me l’avevano detto. O quanto meno non con la dovuta serietà.
Dicono che poteva capitare di avere episodi di pianto, ma dopotutto “poteva capitare” anche prima. Insomma nella categoria del “può capitare” rientrano episodici film strappalacrime, episodici schiacciamenti di dita in un cassetto, episodiche mattina in cui decidi di salire sulla bilancia, episodiche parole sbagliate da parte di qualcuno.
Insomma uno non ci da peso se ti dicono “potrebbero capitare episodi di pianto” dopo il parto. Potrebbe anche capitare che piova una settimana dopo il parto.
Poi succede che arrivi a casa e non ti sembra più casa. Non solo perché il piccoletto è tornato con te e ha intenzione di vivere lì, ma anche perché ti sembra che in quei pochi giorni tutto sia cambiato. Che se ti svegliassi di notte un po’ infreddolita e cercassi un pigiama pesante al buio non riusciresti più a trovarlo. Che le cose non siano più al loro posto e anche quando le trovi al loro posto non ti sembra più quello giusto.
Ti avevano detto che saresti stata gelosa del tuo bambino, ma non che ti avrebbe dato fastidio anche sentirlo chiamare in qualsiasi modo che non sia il suo (discusso) nome.
E ti sembra che la tua ironia, che ti è sempre sembrata l’unica zattera nella valle di lacrime, abbia preso il largo insieme alla placenta poco dopo Junior.
Così non riesci più ad allontanare gli idioti con allegria.

[Esempio? Junior nella realtà ha un nome doppio, cosa che ha sempre suscitato le più demenziali domande, alle quali in situazioni pre-parto facevo fronte con sfrontatezza.
Tipo qualsiasi:                     “Ah…un maschio! E come lo chiamate?”
Io:                                          “Lo chiameremo XY”
Tipo qualsiasi:                    “Ah…e poi come lo chiamate? X o Y?”
Io:                                          “Lo chiameremo col suo nome, no?”
Tipo qualsiasi:                    “Si, ma X o Y?”
Io:                                          “Mah…non so…magari lo chiameremo Giorgio?!?”
Dopo il parto a una domanda del genere non rispondo e mi allontano muta, maleducatamente e sconsolatamente, piangendo in silenzio le sorti dell'umanità.]

Vengono giorni tristi. Di quella tristezza che non sai da dove arriva e non vuoi pensare che arrivi esattamente da dove è arrivato quel piccoletto che ti sorride mentre dorme.
Ti avevano detto di farti aiutare in casa e che avresti anche avuto bisogno di solitudine, che ti saresti sentita piena di adrenalina e completamente incapace.
Non avevi creduto che questo potesse avere una serie di ripercussioni più o meno importanti. Come rischiare di iniziare ad alzare la bassissima media di liti aggravate da futili motivi con SS. Come essere talmente tanto più insofferente del solito nei confronti dell’altrui da volerlo solamente respingere con gli unici mezzi che Junior ti lascia a disposizione, cioè scarpate, anche se si tratta di innocui visitatori, magari anche portatori di oro, incenso e mirra. Come chiamare persone di fiducia per avere parole di conforto e se le parole di conforto rasentano il confine semantico del consiglio dato con il cuore ti innervosisci e li tacci urlando di sotuttismo. E dover fare i conti con quanto dopo ti senti stronza.
Vorresti stare sola col bambino e hai il terrore di stare sola con lui.
Vorresti piangere, ma temi che iniziando potresti non smettere più.
Vorresti tua madre e temi che a chiamarla si catapulti lì e poi te ne potresti pentire.
Ti vedi strana, molto strana non solo perchè i tuoi capelli hanno un colore orrendo e il tuo sedere una forma poco geometrica.
Vorresti forse tornare a due settimane prima…quando tutti ti dicevano vedrai che rimpiangerai, ma non lo ammetterai mai e piangi di nascosto…on line o all night long.

venerdì 20 gennaio 2012

PARTO A PARTE/ PARTE II


Dopo una settimana a casa con unneonato ti guardi alle spalle, ti sembra siano passati dieci anni daquando avevi il pancione e contavi i giorni, ti sono rimasti addosso circadieci chili e le tue occhiaie ti regalano esattamente i dieci anni che tisembrano trascorsi.
Superato questo scoglio, ti rendiconto di aver già imparato sulla tua pelle (cadente) una serie di cose che maiavresti pensato di appurare con metodo empirico.
A questo proposito apro anche unfortunato speciale dedicato a tutti (tutte – per la verità) coloro che durantequesti mesi mi hanno sostenuto con i loro terroristici consigli gratuiti, che sonostati miseramente confutati dalla pratica dei primi giorni.
Potete anche voi aggiungere le vostreesperienze (anche non gravidiche) allo speciale che trovate in calce dal titolo“Te l’avevo detto io…e infatti era una cazzata!”

Nel mentre ho continuato a raccoglierele idee in merito agli ultimi giorni.
Ho imparato che i neonati fannoveramente UEUEUE. Non è una forzata onomatopea tipo cloppetecloppete opolipolipoli. Quando l’ho sentito ho cercato le batterie sul retro.
Ho imparato che il mio ombelicopotrebbe restare per sempre…diciamo…cavernoso.
Ho imparato che persone equilibrate enormo-dotate, diventando nonni, possono trasformarsi in esseri che stenterete a riconoscerecome vostri genitori, pericolosi incroci tra Sbirulino e un carillon rotto.
Ho imparato che quello che gli Ospedaliavanguardistici definiscono Rooming-in (cioè mollarti il pupo in camera 24/24)è un escamotage camuffato da teorie pedagogiche per evitare piagnoni istericinelle nursery.
Esempio?
Ore 4.45 – Junior piangente da circaquattro ore.
IO: Scusipuò tenere Junior un attimo? Il tempo che vado in bagno…
Infermiera della nursery: No.
IO: Ma…facciopresto...presto...
Infermiera della nursery: No. Mi sveglia gli altri bambini.
Ho imparato che esistono donne conturbanti anche a pochi minuti dopo il parto. Come la mia compagna di stanzadell’ultimo giorno che ha ricevuto tre uomini diversi nell’arco della giornatache le tenevano la mano e la chiamavano amore.Quando al terzo arrivato ha notato il mio sguardo interrogativo mi ha anchefatto l’occhiolino.
Ho imparato che non era possibileavere stanze singole.
Ho imparato che non è così vero chedopo il parto perdi tutti i chili di troppo e per cinque minuti mi sono sentitatriste (e grassa).
Ho imparato per la prima volta che puòsuccedere di fare una valigia e non avere abbastanza di tutto quello che ci hostipato.
Ho imparato che un corpo di 50 cm può emettere rutti comeuno di 180 cm.
Ho imparato che i medici non semprepossono essere di pratico aiuto.
Esempio?
Pediatra dell’Ospedale: Come sta il bambino?
Io: Mah…sembrabene, però il medico è lei…
Pediatra dell’Ospedale: Si fa capire quando ha fame?
Io: No…beh…nonparla…
Pediatra dell’Ospedale: No, dico se si fa capire quando ha fame?
Io: Si certo mi manda un sms!
Pediatra dell’Ospedale: Ohhh…
Io: Ma scusi piange! Cosa dovrebbe fare!
Ho imparato che tutto ciò che ha a chefare con i neonati, dagli accessori ai mezzi di locomozione, per quanto tupossa scegliere le cose più costose, d’avanguardia e progettate dai tecnicidella NASA, ti risulterà comunque scomodo, assurdo, cervellotico edevidentemente messo in commercio senza collaudarle con in braccio un neonato.
Ho imparato che avere sempre un tipodi 50 centimetriin braccio ti fa profondamente e lungamente desiderare di essere un orribilemutante con dieci comode braccia.
Ho imparato che quando un Papà diviene a recuperare con un sorriso e una carrozzina, finalmente è ora di tornarea casa. La nostra.

“TE L'AVEVO DETTO IO…e infatti era unacazzata!”
Primi classificati: tutti quelli che “nonprendere tutine un mese che poi non gli vanno bene e se anche gli andasserobene durano una settimana. E poi vedrai che te ne regaleranno a vagoni!”.
Junior aveva quasi solo tutine 1/3mesi e pur non essendo un pigmeo (3 kg 720 e 50 cm la gioia di mamma) nuotava strillando nelle suetutine giganti infilando due piedi per gamba e guadagnandosi il nome diSirenetto dalla prontezza di spirito di SS.
Me ne hanno anche regalate tante. 3mesi. Supponendo che avesse una madre abbastanza intelligente da preparagli un corredo su misura! Così gliele metti quando è grande…!

mercoledì 18 gennaio 2012

Parto a parte, il bello ha da venire/1

Potrei esordire con un "scusate il ritardo" per il mancato aggiornamento del blog, ma - e adesso vi aspettate che io sia già entrata nella parte e dica ilbambinohapresotuttelemieenergie e invece - dovevo raccogliere le idee. Forse più che le idee, i ricordi di quanto è successo negli ultimi giorni.
Perché come dicevo nel post precedente alla fine è successo davvero e come meno te lo aspetti.
E' successo di svegliarmi nel cuore della notte, convinta che fosse quasi mattino, attanagliata dalla sospetta sensazione di dover scappare al bagno.
E' successo di domandarmi se quel sospetto bisogno potesse essere il segnale di inizio, mentre mi aspettavo di sentire delle fitte alla schiena o di rompere le acque in un ristorante.
E' successo di restare seduta sulla tazza con un orologio da polso in mano per capire se fossimo di fronte a regolarità intestinale o a contrazioni regolari.
E' successo di chiedermi perché la sera prima non mi fossi lavata capelli presa dall'indolenza del "tanto ci sarà tempo anche domani".
E' successo di capire che non era così vero che avrei senza esitazioni riconosciuto le contrazioni che erano state descritte nei modi più disparati, ma ovviamente nessuno ci si avvicinava.
E' successo di tentare di seguire il consiglio dei corsi pre-parto di restare a casa il più possibile (O_O) e attendere sul divano con SS che contava i minuti come l'arbitro dello Show dei Record.
E' successo che al corso pre-parto ti insegnano innumerevoli posizioni per sopportare con naturale facilità le contrazioni, ma dopo aver fallito nella posizione del gatto, della capretta, della cariola, dell'inginocchiamento e - perchè no - del missionario, capire che l'unica possibile per un tipo atletico come me era seduta a schiena dritta.
E' successo di andare dal parcheggio del Policlinico (cfr post precedente...) al Pronto Soccorso in mezz'ora sedendomi su ogni fioriera.
E' successo di chiedersi perché fare il corso pre-parto dell'Ospedale.
E' successo di arrivare al Pronto Soccorso e dare inizio a una serie di dibattiti dell'assurdo:
Giovane Dottore che ci accoglie: Desidera?
SS: E' in travaglio.
Io: mmm...mmm...
Giovane Dottore che ci accoglie: E lei come fa a saperlo?
Io: mmm...mmm...
SS: Insomma non c'è un dottore in questo Ospedale!
E' successo che, ridendo e scherzando, ero già a 4 centimetri (gergo per addette ai lavori)
E' successo che per questa storia della luna piena eravamo in 15 dai 4 centimetri in su.
E' successo di scoprire - ben dopo i 4 centimetri - che non era una cattiva idea la vecchia abitudine del clistere prima del parto, ma come sempre era troppo tardi.
E' successo di ritrovarsi in tre nella stessa sala travaglio e cercare di vincere l'imbarazzo su chi per prima avrebbe finito di soffiare (come insegnano al corso) e iniziato a urlare imprecando.
E' successo di partorire con le lenti a contatto.
E' successo di sentire un insostituibile SS, confessare di essersi preparato a tradimento per l'assistenza al parto guardando notti di filmati splatter su YouTube.
E' successo di continuare questo dialogo per circa quattro ore:
Ostetrica: Spingi!
Io: Sto spingendo!
Ostetrica: Spingi!
Io: Sto spingendo!
Ostetrica: Spingi!
Io: Sto spingendo!
Ostetrica: Taci e spingi!
E' successo che ti avevano preparato a veder uscire un piccolo mostro con la testa ovale, la faccia da nonno ottuagenario e il colorito insalubre.
E infine e' successo che ci siamo guardati per la prima volta e per me era semplicemente bellissimo.

domenica 15 gennaio 2012

METODI NATURALI DI STIMOLO DEL TRAVAGLIO...

Alla fine è successo. Non esattamente “quando meno te lo aspetti”, ma sicuramente come meno te lo aspetti.
Confutando ogni scarsa certezza accumulata in questi mesi di attesa e aprendo scenari nuovi.
Alla fine ti svegli di notte e capisci che qualcosa sta per succedere, ma è meglio andare per gradi, esattamente come le cose non sono andate nell’ultima settimana.
Parliamo ad esempio dell’ultimo appuntamento per il controllo Gravidanza Oltre Termine fissato per lunedì scorso, ormai all’alba della 41 settimana.
Ho elaborato una teoria, sulla base delle mie ormai fondatissime conoscenze scientifiche in materia, in base alla quale i monitoraggi superato il termine sono studiati non solo per controllare la salute fetale (per quanto sia impressionante continuare a chiamare “feto” – parola cacofonica con strane assonanze – un tipo di più di tre chili che ormai rischi di sentir parlare se ti tappi le orecchie!), ma anche per offrire alla puerpera una serie di stimoli, stress e aberrazioni degne del film Il medico della mutua, che possono agevolare il travaglio.
Senza contare che inizio a credere che il Policlinico non abbia un centralino, bensì una signora con voce gentile che, probabilmente da casa, risponde, finge di passare le telefonate a un reparto competente e poi le riprende per rispondere – diciamo – improvvisando alle domande dei questuanti. Questo dubbio, già insortomi nei giorni precedenti, è stato confermato nuovamente con la telefonata di domenica.
“ Salve. Sono…bla..bla…bla…Potrei parlare con l’ambulatorio Gravidanze Oltre il Termine?”
“Aspetto in linea.”
Aspetto. Risponde una voce sospettosamente simile alla precedente.
“Salve. Io ho appuntamento lunedì alle 12 per il monitoraggio. Il mio medico curante però rientra lunedì pomeriggio quindi non mi sarà possibile portarvi l’impegnativa, che nessuno mi aveva detto sarebbe servita. Devo rimandare o…”
“Evabbè! Fa niente.”
“Ah…”
“Si…no…cioè…lei venga, facciamo il controllo poi vediamo.”
“Siamo sicuri? No perché sono un po’ pesante, stanca, isterica e a tratti strafottente in questi giorni, quindi mi risparmierei un giro a vuoto dall’altra parte della città!”
“No. No. Venga domani mattina presto che poi sistemiamo…che il controllo va fatto!”
“Si. Certo che va fatto. Era lo scopo della mia telefonata. Però…siamo sicuri…”
“Si. Si. Venga domani. Alle 8 però!”
Con questo escamotage il Policlinico permette di attivare una terapia veloce e assolutamente funzionale che permette di dare il via al travaglio ancora prima delle contrazioni seguendo questo semplicissimo iter amministrativo.
Il pacchetto consiste nel:

- Svegliarsi all’alba ed uscire al freddo per raggiungere l’altra parte della città.
- Imbottigliarsi nel traffico del 9 gennaio quando tutta la città rientra al lavoro dopo le feste e la faccia più allegra che trovi negli abitacoli circostanti sembra quella di Al Pacino in Insomnia (che bel film. Avrei voglia di rivederlo, ma se ne riparlerà tra qualche anno…)
- Arrivare al Policlinico dove ti hanno assicurato al corso pre-parto esserci comodissimi parcheggi rosa per le gravide a fianco all’ingresso e scoprire che sono due posti in un parcheggio di dieci labirintici chilometri e ovviamente sono occupati.
- Correre (si…vabbè…si fa per dire) per cinque chilometri di parcheggio e altrettanti di corridoi ospedalieri sprezzanti di pericoli quali carrozzine, medici che camminano alla cieca guardando cartelle, pedoni instabili e tanto altro.
- Saltare la colazione al bar dell’Ospedale con quel succulento cornetto con la marmellata di plastica fusa al gusto di albicocca.
- Venti minuti di attesa per il monitoraggio.
- Trenta minuti di attesa per sistemare la questione mancanza dell’impegnativa.
- Raggiungere la parte opposta dell’Ospedale per fare un’ecografia.
- Perdersi nel tentativo di raggiungere la parte opposta dell’Ospedale per fare un’ecografia.
- Attendere per fare l’ecografia, ma non solo…attendere nel corridoio “Ambulatori” tra Osteoporosi e Ortopedia, cioè tra gente disposta a tutto per un posto a sedere.
- Fare l’ecografia.
- Sentirsi dire “Ah…beh…si i tamponi sono negativi però c’era un batterio…strano che il suo ginecologo non le abbia dato niente, ma ormai è troppo tardi.”
- Circa un’ora di coda alle casse per non pagare niente essendo esente, ma giusto per consegnare un foglio.
- Passare il pomeriggio a prendere sommarie informazioni su internet sul batterio di cui sopra e piangere per ore per le parole “ma ormai è troppo tardi”.


A fine giornata, esausta, nessuna attendibile previsione sulla data del parto. Junior nuota felice nella sua piscina e io dopo un pomeriggio di paura, ansia e chiamate incessanti al ginecologo ero già disperata all’idea di dover ripetere l’iter giovedì mattina.

Poi succede che arriva a casa la persona con la quale condividi questa attesa e fa qualcosa per te che ti fa capire che lui sente che il nostro momento è prossimo e anche se ti metti a letto senza lavarti capelli perché ormai hai perso le speranze che ogni momento potrebbe essere quello giusto, nell’aria c’è un profumo diverso e la luce è quella delicata e intensa della luna piena.

domenica 8 gennaio 2012

Pronto in tavola.

Io e il ginecologo che mi ha seguito privatamente durante questi lunghi mesi abbiamo un buon rapporto. Io ho cercato sino ad oggi di sedare le mie ansie più incontrollate, evitando di chiamarlo, soprattutto i primi mesi, per confidare i miei dubbi più seri, tra i quali: 
"Dottore scusi, ma sono dieci giorni che non vado in bagno, se vado e provo a spingere è pericoloso?" 
"Dottore aiuto devo venire a farmi controllare, ho corso dietro il bus!" 
"Dottore c'è qualcosa che non va. Io non ho le nausee!!!".
Dubbi che la rete ha sempre saputo sedare o ampliare con infondata prontezza... D'altra parte lui ha svolto bene il suo compito con quella faccia da dandy wildiano di mezza età, un po' sbrigativo e un po' rassicurante in quanto sbrigativo. Uomo capace di fare una visita di controllo più velocemente di quanto non faccia il mio salumiere a tagliare due etti di cotto. Insomma il suo atteggiamento da uomo che ne ha "viste tante", in questo frangente mi fa sentire sicura, nonostante io abbia passato le ultime visite a gambe all'aria mentre lui e il futuro padre parlavano del più e del meno come davanti a un cappuccino. Beh, questi lavora nel più grande ospedale della zona. Clinica universitaria, terapie d'avanguardia, centro d'eccellenza, etc...etc...etc... 
Così, vuoi perchè lui lavora lì, vuoi perchè non mi sarei mai messa nelle mani di un ospedale religioso sotto le grinfie di una suora (ho già dato in merito), vuoi perchè solo l'idea di partorire di fronte a un'equipe di cinquanta specialisti americani mi fa pensare con tranquillità al parto (alla faccia di chi vuole partorire da sola in acqua coi delfini...), ho optato per questa scelta. Il mastodontico Policlinico. Luogo dove quando entri rilasciano la piantina come al Louvre. Così sono iniziati i miei primi approcci con la Sanità Nazionale, con la quale, per mia somma e immeritata fortuna, non avevo mai avuto a che fare in passato se non per quisquiglie. Tra i vari racconti degni della Gabanelli che ho raccolto in questi mesi, ieri abbiamo aggiunto un capitolo divertente, dove il ragazzino che porto in panza, Junior, ha fatto la sua parte...
Ma partiamo dall'inizio evocando le parole del ginecologo qualche settimana fa. 
"Aspettiamo la scadenza. Quando sei scaduta chiama questo numero e fissa i monitoraggi. Poi aspettiamo...almeno fino al 13 gennaio." Essendo all'epoca il 23 di dicembre non avevo preso in seria considerazione la data 13 gennaio e con tranquillità mi ero annotata il numero da chiamare. 
Venerdì...iniziando ad avere ben chiaro quanto sia lontano il 13 gennaio...chiamo. 
No reply. 
Persevero. 
No reply. 
Attendo un'oretta. 
No reply. 
Chiamo il ginecologo sul cellulare. 
No reply. 
Sfurio per mezz'ora in merito al fatto che mentre io ho bisogno di lui sarà a Chamonix a spendersi i miei onorari, senza farmi sfiorare dall'idea che possa essere impegnato in una delicatissima emergenza chirurgica. 
Recupero l'opuscolo del Policlinico per le mamme in attesa e chiamo un altro numero, estraendo a caso tra sala parto, ostetricia, pronto soccorso ginecologico e altri nomi-spauracchio di questo tipo. 
"Salve, sono una paziente del Dott. X. Sono scaduta oggi. Cioè...scaduta...avevo il termine oggi..." 
"Seeee..." 
"Ma alle GOT (gravidanze oltre il termine) non mi risponde nessuno..." 
"Fino a lunedì sono chiusi che è festa." 
"Ah...beh...spero allora di rimanere chiusa anch'io fino a lunedì..." 
Silenzio. Mi trattengo dal ribattere si, facevo del sarcasmo
"Insomma io dovrei fissare il primo monitoraggio." 
"Eh...allora venga domani al Pronto Soccorso Ginecologico che glielo fanno lì" 
"Bene. Senza prendere appuntamento?" 
"Si. Si. Vada e basta." 
"Serve qualcosa? Un 'impegnativa?" 
"No. No. Vada e basta." 
Ieri mattina, come da suggerimento, vado e basta! O meglio mi faccio scarrozzare là e basta. Ore 9 ca. Sole alto nel cielo. Junior non si era ancora fatto sentire e chiaramente nessun dolore. Dopo aver attraversato il corridoio del reparto maternità a testa bassa, temendo di vedere qualcosa che poteva toccare il mio fragile equilibrio di prossima partoriente, suono al Pronto Soccorso. 
"Salve io sono oltre termine. Dovrei fare il tracciato." 
"Ah...aspetti." 
 Aspetto. Dopo poco mi viene ad aprire una diciottenne, che chiede se avevo appuntamento. "No..." "Vabbè...venga...il papà sta fuori." La seguo. Evidentemente rassicurata dall'assenza della presenza maschile, la ragazza attacca. "Perchè è venuta senza appuntamento? Perchè è venuta qui?" Racconto la telefonata del giorno prima con aria anche un po' colpevole e questa va a chiamare la Dottoressa di turno. Torna accompagnata da un altro paio di giovanotte, che cercano di capire non tanto cosa fare di me quanto chi fosse colpevole di avermi spedito lì di sabato mattina. 
"Eh...io...ecco...mi hanno detto di venire al Pronto Soccorso e che non c'era bisogno d'altro..." "Ora ci penso io..." fa minacciosa la giovane Dottoressa. 
Chiude la porta e mi abbandona nella stanzetta rosa senza sapere se riusciremo a fare il benedetto tracciato. Ovviamente dal separè di plastica sento distintamente la telefonata. "Insomma è già la seconda che viene qui a farsi controllare. Ma chi gli ha detto di presentarsi così quando vogliono. No. Non cercare scuse. E' italiana. Non può aver capito male. E adesso come faccio a fare la visita???" 
Inutile precisare che in sala d'attesa non c'era nessuno all'infuori di me e un apparentemente dormiente Junior. Ritorna. 
"Senta le fisso un appuntamento lunedì mattina." 
"Ma sarò già tre giorno fuori termine. Mi hanno detto di venire questa mattina...." "Eh...guardi se ci tiene io posso controllarla, ma come codice bianco da Pronto Soccorso quindi deve andare a pagare il ticket alle casse...insomma non so se vale la pena." 
Beh...io credo valga la pena di farsi dare una guardata. Non vorrei che il ragazzino fosse asciutto lì dentro. 
Di fronte al rischio di farmi rispedire a casa con un nulla di fatto i primi pensieri che mi colgono sono:
1- Fortuna che è rimasto fuori o saremmo già nel pieno di una scenata truculenta. 
2- Le casse del Policlinico sono quella sorta di casello Firenze Scandicci il 15 d'agosto. 
3- Menti. 
"Ieri al telefono mi ha chiesto se sentivo muovere il bambino. Io lo sento poco da qualche giorno...allora...forse è per questo che mi hanno detto di venire qui..." 
"Ah...beh...se lo sente poco facciamo un controllo!" 
E giusto giusto in quel momento, una volta raggiunto il mio scopo, Junior ha ben pensato di svegliarsi e sbugiardarmi, facendo apparire con prontezza un piede che si stiracchiava, come se un mandarino fosse improvvisamente sbucato dal mio fianco sinistro. Cerco di dissimularlo chiudendo il piumino, ma al momento dell'estrazione del pancione lui continua la sua ginnastica mattutina e la Dottoressa mi lancia uno sguardo rassegnato attaccandomi alla macchina. 
Ma ormai era troppo tardi! 
Morale: Ancora calma piatta. Junior sta bene, ha acqua e placenta anche se poco spazio. Quindi ci vediamo lunedì... 
Mi prescrive anche altri esami del sangue da fare prima del parto "per sicurezza". Il che mi fa pensare che forse non siamo così vicini al parto, calcolando il tempo medio per avere un referto. 
Andiamocene a casa Junior. Questo posto è troppo rosa e troppo tappezzato di foto di gattini per noi due! 


Ah, già! Che senso ha il titolo del post? Ho il colostro. Non ho il bambino, ma almeno la pappa è pronta!

venerdì 6 gennaio 2012

La befana vien di notte...

Ultimo giorno di festa, che, data la mia momentanea astensione dal lavoro, vivo con maggiore allegria di quanto non abbia fatto negli scorsi anni quando l'Epifania tutte le feste si portava via. Se non fossi così concentrata sull'attesa rifletterei sull'alienazione che ci permette di dare senso a parole come festa, celebrazione, riposo e relax solo se corrispondenti all'assenza dal lavoro. Ma non c'è tempo per queste cose!
Abbiamo una novità. Marginale, d'accordo, ma pur sempre una novità. La mia pancia da ieri sera ha preso la consistenza di un blocco di cemento. Quindi siamo passati da una normale pancia gigante a una pancia gigante scolpita da Michelangelo. Per quanto non sia dolorosa vi assicuro che è abbastanza scomoda da portare in giro e a quanto pare non accenna a rilassarsi.
Altra novità...molto più scontata ho il raffreddore...ma qui sappiamo perfettamente chi sia la causa!
Rassegnata all'evolversi delle cose molto più lento e meno improvviso di quanto non mi sia stato raccontato dal senato delle anziane (vedrai, vedrai, quando meno te lo aspetti...), ho cercato di passare la giornata nel vano tentativo di distrarmi e quindi ecco il mio programma Befana.

UNA COLAZIONE IMPORTANTE.

Si, ho bevuto caffè in gravidanza se è questo che vi state chiedendo!!!
P.S. sulla bustina di zucchero c'era scritto "Dicono che il denaro non faccia la felicità. Forse si riferiscono a quello degli altri." Cose che fanno riflettere...

INDOSSARE UNA SCIARPA SEGNALETICA
In stato interessante è meglio essere previdenti in caso di nebbia...




CERCARE LUOGHI CHE FANNO VENIRE VOGLIA DI PASSEGGIARE.


 











 PROGRAMMA DELLA SERATA

giovedì 5 gennaio 2012

Chiari di Luna


Eccoci ancora a qui. Ancora due in uno.
Nessuna novità clinica rispetto a ieri, solo le solite novità psico-emotive che ormai non interessano a nessuno. Motivo per il quale le scrivo qui: nessuno mi sta più a sentire!
Ma torniamo alle bistrattate novità.
La mia intolleranza nei confronti del mondo esterno di questi giorni ieri si è accanita subito di buon mattino contro i mezzi di informazione.
Premetto che, a mio giudizio, ad esclusione di poche e un po’ troppo patinate testate dedicate al tema maternità e bambini, il tema gravidanza è generalmente trattato dai mass media con atteggiamento dolciastramente superficiale o pesantemente terroristico.
Già. Valesse solo per la gravidanza…
Ad ogni modo, ieri mattina un brillante esempio dell’approccio terroristico è arrivato da un articolo di discutibile taglio scientifico apparso sul Corriere della Sera di lunedì 03/01/2012. E dico il Corriere della Sera, con tanto di richiamo in prima pagina.
L’articolo riassume le interessanti teorie alla quali è giunta la Sign.ra Annie Murphy Paul, della quale non si accenna la nazionalità, ma si scopre facilmente navigando in Internet essere una giornalista scientifica e quindi NON un medico, la quale spiega, tra le tante cose, come i bambini nati in inverno siano più bassi e più cagionevoli a causa della mancanza di vitamina D della madre.
Ma questo è il meno. Purtroppo nella versione on-line non è riportato il prezioso schemino a vignette ad uso della sciocca puerpera con il riassunto dei possibili e orribili danni procurati da alimenti notoriamente pericolosissimi quali, ad esempio, la carne rossa o il pesce…
E’ bello leggere certe cose alle nove del mattino al nono mese di gravidanza. A gennaio.
Ma non credo sia il caso di aprire un dibattito sulla qualità dell’informazione. Sono argomenti complessi e io non posso (riesco a) dedicare neuroni a pensieri che non siano il parto…
In contropartita però ieri sera, stentate pure a crederci, grazie a un telegiornale su una rete nazionale ho tratto uno spunto interessante. Un documentario girato da un regista francese che testimonia come tante donne nei più disparati Paesi del mondo abbiano dato alla luce i loro bambini durante l’eclissi del 2006, mentre il Sole veniva oscurato dalla Luna.
Sono immediatamente andata a cercarlo e per ora ho recuperato il trailer che condivido subito con grande soddisfazione.
 
Spero nei prossimi giorni di riuscire a recuperare la versione integrale.
Lo so. E’ toccante. Forse stucchevole. Magari risulterà anche un po’ naif. Giustamente potrà anche lasciare indifferenti la più parte di voi che non si sono ancora trovati a immaginare come suonerà “Le premier cri” che sentirete dopo il parto (e spero si senta forte e chiaro).
Per me è diverso. Perché io sono nella Terra di mezzo. Quella della quasi-mamma.
Ora, io non voglio fare la sentimentalona che dice di aver sempre odiato i bambini fino a quando per caso non è rimasta incinta, allora apre un blog e si mette a dispensare consigli da migliore madre dell’etere. Io semplicemente avevo un po’…paura dei bambini. Forse perché l’ultimo bambino con cui ho avuto a che fare direttamente è stato mio fratello minore…molto amato, ma non esattamente un tipo dalla mano leggera.
I bambini sono delicati. Indifesi. Hanno bisogno di protezione, ma sono capaci di farti impazzire come neanche gli adulti. Hanno bisogno di fermezza e tenerezza. Con i bambini è facile sbagliare e lasciare dei segni. Su di loro. Su di te. Ho sempre pensato che avere a che fare con un bambino fosse come guidare sul ghiaccio una macchina sportiva. Insomma…non quel tipo di cose che approccio con naturalezza.
Poi iniziano quei nove mesi in cui devi iniziare a pensare che diventerai mamma. E non c’è più spazio per la paura da scacciare con un “non fa per me”. E non sei ancora la mamma un po’ stanca che ripete solo “l’hanno fatto tutti, lo farai anche tu”.
Per nove mesi quello che riguarda i bambini per te è un mondo magico e delicato. Qualcosa di cui parlare sotto voce. Tutine pulite da riporre dopo avergli dato un bacio.

Quindi, nonostante tutto, ieri sera…giusto un pochino…mi sono commossa.

Ma la realtà non è solamente delicate lacrimette da femminuccia. Perché l’altra novità è tutt’altro che divertente.
Rientro a casa a metà pomeriggio dopo una passeggiata (Fai del movimento…fai del movimento…che partorisci) e mi ritrovo la persona con cui divido casa, vita, metaforicamente la pancia, esperienza genitoriale, problemi e sensazione che forse in fondo tutto ha un senso, a casa anzi tempo.
-           Che fai qui?
-           Ehm…non mi sento molto ben…
-           Come?
-           No…niente. Un po’ di infl…
Il mio sguardo si fa truce.
-           …di?
-           Mal di gol…no…un po’ di raffred…forse qualche linea…
Mollo a terra le borse della spesa (fai degli sforzi…fai degli sforzi…che partorisci) e mi lancio a indossare la divisa anticontagio usata da Dustin Hoffman in Virus Letale.
-           Ma sto bene. Davvero. Non è niente.
-           Non puoi farmi questo adesso! Lo sai da nove mesi!!!
-           Ma è solo un po’ di raffreddam…stanotte magari dormo nell’altra stanza…
-     Nooooooooo! – scena madre – Non puoi lasciarmi adesso! Ho bisogno di essere rassicurata, di potermi sfogare tutta la notte sulle cose orrende che leggo su internet! Io ho bisogno di poter contare sulla tua lucidità, sulla tua prontezza di corpo e di spirito. Tutte doti che io ho perso mesi fa!!!!
-           Ma…credo solo di avere...un leggero virus…
-           Noooooooooooooo!
Se mi avesse detto che aveva un’atra l’avrei presa decisamente meglio e scappo via piangendo a balzelloni leggiadri come Neil Armstrong. Primo uomo. Dicono. Sulla Luna. Appunto.

mercoledì 4 gennaio 2012

Il corso delle cose e le cose di corsa

Come volevasi dimostrare, eccoci ancora qui!
Con una situazione interna (pancia tranquilla e poco collaborativa) ed esterna (continuo a combattere con le invadenze altrui) assolutamente immutate.
Questo mi ha suggerito una riflessione. Chiaramente è una riflessione dettata da quel paio di neuroni che non si stanno dedicando al mono-pensiero del parto, quindi da prendere con le pinze.
Sono stanca di attendere. Lo ammetto.
Mi avvalgo di qualsiasi appiglio animato o inanimato per alzarmi da una sedia. L’altro giorno dal parrucchiere ho rovesciato centinaia di bigodini nel vano tentativo di alzarmi con l’aiuto di un carrello porta-asciugacapelli con le rotelline. Mi vesto da Barbapapà da almeno cinque mesi. Ho male ai piedi. Alle gambe. Dormo poco e in posizioni da circo. Il mio stomaco fa i turni col mio cuore quindi dopo mangiato non posso respirare e per diversi pericolosi minuti rischio l’arresto cardiaco. Senza dimenticare che la mia faccia sembra una pizza e i miei capelli, nonostante i miei tentativi di tamponamento, sono tricolor come quelle biro enormi e profumate a tante punte che si usavano alle medie.
Certo la gravidanza è una cosa bellissima…ma come tutte le cose belle…
Detto questo all’esternazione della mia leggera intolleranza all'idea del protrarsi della gravidanza oltre il termine molti mi guardano con sdegno o ghigno beffardo e la risposta più diffusa, dopo i suggerimenti gratuiti e fai-da-te, è minacciosamente “Goditi questi giorni che poi non tornano più!”.
E via con una serie di spunti dal titolo “Cose da fare assolutamente prima di diventare madre”. Leggi tanti libri, guarda tanti film, vediti il finale di tutti i serial che ti sei persa, vai a farti dei bei giri di shopping, fai un po’ di movimento, godetevi la vita a due che poi…
Premesso che nessuno mi ha detto che dopo il parto sarei diventata analfabeta, credo che (probabilmente con tempi inizialmente diversi) sarò ancora in grado di leggere un libro.
Suggerire a una donna con 12 chili circoscritti in più di andare a fare shopping è come fare una di quelle gaffe del tipo “E come sta tua zia Adalgisa!” “E’ morta nel ‘94”.
Evito commenti su chi invidia la mia possibilità di passare la giornata sul divano a guardare Canale 5…ma anche su chi suggerisce di fare del movimento.
Soprattutto perché chi mi conosce sa che io odio fare del movimento da tempi non sospetti!
Vorrei capire perché per qualsiasi problema ti consigliano di “fare del movimento”.
Ho mal di schiena. Fai del movimento!
Ho le gambe gonfie. Fai del movimento!
Sono grasso. Fai del movimento! (Ma vi pare un sillogismo???)
Soffro per amore. Fai del movimento!
Soffro d’insonnia. Fai del movimento!
Ho smesso di fumare. Fai del movimento!
Ho l’herpes. Fai del movimento!
Ho bruciato il soufflè. Fai del movimento!
Potrebbe sembrare una demenziale canzone rap da cantare con cadenza da hinterland milanese e invece è semplicemente un comune sentire. A mio avviso non più fondato della vecchia storia dei coccodrilli nelle fognature di New York.
Soprassediamo poi sulla godersi la vita di coppia, che, già pesantemente provata dal mio aspetto sferico, risulta anche praticamente poco divertente.
Usciamo a cena? Ho voglia di mangiare pane e banane però.
Andiamo al cinema? Mi addormento.
Facciamo due passi? Sono stanca.
Puoi parlare di qualcosa che non sia il parto? No.
Posso avere un cuscino per dormire? No. Mi servono tutti.
Che cos’è quest’odore? Ops...

Ma soprattutto (e so che rimangerò queste parole ingoiando direttamente lo schermo del pc) se una donna all’alba dei miei anni – no, non lo dico quanti – decide di avere un bambino è abbastanza consapevole che poi la vita potrebbe essere diversa. E se anche non lo fossi stata ho avuto nove lunghissimi mesi per vedere di entrare in questo ordine di idee. E se anche non ci fossi riuscita non sarà spararmi due settimane in più di serial americani a rendere il tutto più sopportabile!

E quindi mi sto chiedendo se sono io innaturale poiché fatico ad aspettare per stanchezza ed emozione il naturale corso delle cose o lo è chi teme sia più faticoso accettare di dover rinunciare a certe cose proprio per il corso naturale della vita?

Avete ragione…non sono minimamente pronta!